Robot al lavoro: dalla catena di montaggio all’ufficio
I ricercatori Intel hanno messo a punto un chip neuro-morfico in grado di rendere i robot dotati del senso del tatto. Un robot munito di “pelle artificiale” sarebbe potenzialmente in grado di afferrare oggetti con la giusta pressione e di percepire l’ambiente circostante in un modo estremamente accurato e sensibile. I robot vedono, parlano, ascoltano e, da ora, toccano. L’era del robot in ufficio si avvicina?
Com’è fatto: robot edition
Negli ultimi anni, la tecnologia robotica si è notevolmente evoluta ed attualmente è in grado di produrre robot umanoidi altamente realistici. Come risultato di questo processo ancora in corso, i domini delle applicazioni dei robot si sono lentamente espansi in ambienti domestici e uffici. Un campo di studi che ha giocato un ruolo importante nello sviluppo della tecnologia robotica è quello della developmental robotics, o robotica dello sviluppo, che prende direttamente ispirazione dai meccanismi e dai fenomeni di sviluppo studiati negli infanti.
L’idea alla basa della developmental robotics è che un robot possa acquisire autonomamente capacità mentali e senso motorie utilizzando una serie di principi di sviluppo intrinseci che regolano l’interazione in tempo reale tra corpo, cervello e ambiente. Ma come avviene l’apprendimento?

I gatti, questi (s)conosciuti
Perché robot possa apprendere autonomamente è necessario che sia munito di un cervello e di un corpo che gli consentano di interagire con l’ambiente.
Attualmente il campo di studi relativo all’intelligenza artificiale, sta facendo enormi passi in avanti. Grazie alle reti neurali artificiali (ANN) è ad oggi possibile rendere un dispositivo tecnologico in grado di apprendere autonomamente, e quando la rete neurale è costituita da più livelli di neuroni viene chiamata “rete neurale profonda”, in inglese deep neural network (DNN), che consene il deep learning, ovvero l’apprendimento profondo.
Ad esempio, un sistema di intelligenza artificiale può essere in grado di “farsi un idea” di che cos’è un gatto semplicemente analizzando delle immagini fornitegli come dati di input (immagini etichettate manualmente come “gatto” o “non gatto”). Il sistema dunque impara e identifica le immagini senza alcuna priore conoscenza dei gatti, ad esempio, che hanno la pelliccia, la coda, i baffi ecc. In altre parole, sono in grado di generare automaticamente le caratteristiche identificative dei gatti a partire dagli esempi che hanno elaborato e possono usare i dati ottenuti dalle loro “analisi” per identificare gatti in immagini nuove.

E questa capacità di apprendimento viene utilizzata anche per tutte le attività che i robot svolgono o svolgeranno nell’ambito della loro interazione (fisiche e non) con gli umani, dalla cura dell’anziano alle risposte automatizzate di assistenti come Siri ed Alexa. Ma i robot dovranno fisicamente essere in ufficio?
Io robot, tu collega
Uno dei principi fondamentali che consentono ad un sistema di intelligenza artificiale di svilupparsi e di apprendere autonomamente è il principio di incarnazione, che si basa sul concetto per cui la verifica delle informazioni non può essere eseguita in assenza di azioni fisiche. Il sistema di intelligenza artificiale deve dunque possedere alcuni mezzi per influenzare il mondo, cioè deve avere un corpo. Come noi, infatti, i robot devono poter avere la possibilità, ad esempio, di muovere la “testa” per cambiare angolazione della propria visuale, oppure toccare con mano determinati oggetti o persone, per poter non sono assolvere alle proprie funzioni, ma per consentire al sistema di apprendere e migliorarsi.

Per ora viviamo in un mondo in cui, come da direttive ISO, esseri umani e robot in larga parte non possono condividere gli stessi spazi di lavoro, ma questo perché per “robot” si è quasi sempre inteso macchinari di automazione come i bracci meccanici per l’assemblaggio industriale.
Amazon, d’altro canto, ha investito molto per l’automazione dei suoi centri di smistamento, prevedendo la convivenza tra esseri umani e robot. Molte altre aziende si stanno muovendo per l’introduzione di robot per la pulizia degli uffici, il riciclaggio o altre mansioni che definiscono questi macchinari come cobots, ovvero robot collaborativi.
Ma la presenza fisica di robot in ufficio, non deve farci temere che verremo sostituiti. Ad oggi, la prospettiva è quella di “delegare” agli automi quelle mansioni ripetitive, monotone o fortemente automatizzabili che caratterizzano svariate posizioni, come ad esempio l’assistenza al cliente o l’accoglienza in reception. Questo permetterà ai lavoratori di svolgere funzioni tipicamente appannaggio degli esseri umani, soprattutto legate al pensiero creativo, l’innovazione, il lavoro di squadra, il management e l’interazione.
Il perenne miglioramento della tecnologia e della robotica, unito al sapere delle scienze umane e della psicologia, porterà sicuramente ad ottenere, in futuro, agenti robotici del tutto simili a noi in grado di collaborare con noi in diversi ambienti sociali al fine di ottenere i miglior obiettivi possibili. Tuttavia, ancora per molto, molto tempo, nessuna macchina potrà sostituire il tocco umano che consente alle organizzazioni di innovare prodotti e servizi, e ispirare e motivare le persone, dentro e fuori l’ufficio.
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