Io robot, tu collega
In provincia di Rieti si trova lo “stabilimento Amazon tecnologicamente più avanzato in Italia”. Un intero reparto di questo stabilimento è gestito interamente da robot, che selezionano automaticamente gli articoli e li consegnano in una area apposita al personale addetto allo smistamento.
Per l’ingresso all’area robotizzata (necessario in caso, ad esempio di guasti), è necessario munirsi di uno speciale giubbotto wireless che informa i robot della presenza di esseri umani, in modo da evitare collisioni.

L’automatizzazione dei processi logistici di Amazon è un classico esempio di innovazione in termini di efficienza, ma pone questioni interessanti anche nell’ottica dei rapporti umani sul luogo di lavoro. L’utilizzo dei robot comporta meno fatica e meno errori ma, inevitabilmente, un minore contatto con i colleghi.
Antonio Crispino in un’inchiesta del Corriere della Sera, cita un dipendente: “All’inizio è un po’ strano lavorare con i robot poi ti accorgi che è bello, fai meno fatica. Mancano un po’ quattro chiacchiere con le colleghe ma recuperiamo quando andiamo in bagno o durante la pausa pranzo”. Non è una sorpresa che i robot ad oggi non possano sostituirsi ai rapporti umani, eppure qualcosa si muove già.
Da “bit” a “bot”
I rapporti tra uomo e macchina sono sotto la lente di ingrandimento della ricerca scientifica sin da quando esistono sistemi computerizzati: i primi studi sulle interfacce risalgono agli anni ’70, e si sono posti come obiettivo quello di presentare agli operatori di macchinari o sistemi complessi come gli aeroplani informazioni che consentissero di effettuare i compiti in modo veloce e senza errori. Tutt’oggi le interfacce delle app, dei siti e dei software che utilizziamo sono il risultato di anni di studi ed esperimenti che ne hanno studiato e migliorato la cosiddetta usabilità.
Quando parliamo di relazioni con robot, tuttavia, intendiamo tutto un altro tipo di relazione: quella che si forma tra una persona ed una macchina, un robot, che non solo è in grado di apprendere e rispondere agli stimoli autonomamente (come i chat-bot che numerose aziende usano oggi per automatizzare l’assistenza al cliente), ma che occupa uno spazio fisico ed ha un aspetto umanoide. Un tipo di tecnologia che non sarà per molto solo appannaggio di futuristiche multinazionali, ma ben presto parte integrante della nostra quotidianità, nella vita privata come al lavoro.
Un nuovo tipo di relazione
Le sfide che questo tipo di convivenza comportano vanno ben oltre la necessità dell’utente di compiere i compiti assegnati in modo rapido ed efficace: i robot saranno veri e propri colleghi e compagni di vita, che risponderanno alle nostre emozioni e alle nostre azioni. Questo perché la creazione e il mantenimento di rapporti personali ed emotivi con i robot saranno fondamentali per permettere loro di adempiere a molte funzioni ad oggi ancora solo appannaggio degli umani, come assistere al meglio pazienti, fornire informazioni a clienti o promuovere la collaborazione di squadra.
Potremmo trovarci in un futuro in cui un collega robot potrebbe decidere di non rispondere o fornire informazioni se, ad esempio, trattato con aggressività. I robot non saranno più “bancomat delle informazioni”, ma colleghi con personalità e sensibilità emotive ben definite, con cui confrontarsi, creare idee nuove e, perché no, fare amicizia. Siamo pronti per questo cambiamento?
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