DIGITAL REPUTATION: RISCHIARE IL LICENZIAMENTO CON I SOCIAL
La Digital Reputation
Quello che si pubblica sui social e l’uso che se ne fa è molto più importante di quanto si possa immaginare. Infatti, non si tratta di materiali privati, ma di contenuti pubblici a portata di click, accessibili a milioni di persone.
Nell’Era Digitale non è difficile pensare che la maggior parte dei nostri interlocutori ricerchi informazioni su di noi sul web. Facebook, Instagram, Twitter o, ancora, LinkedIn rappresentano una via d’accesso alla nostra vita privata, ai nostri interessi, alle nostre abitudini e ai nostri comportamenti online.
Partendo da questo presupposto, risulta evidente l’importanza che acquisiscono i commenti, i post, le foto e i video condivisi sul web nella definizione di chi siamo in rete. Da qui deriva la rilevanza della Digital Reputation, ovvero dell’immagine che ognuno di noi si costruisce sui Social Network.
Social Network e lavoro
I nostri comportamenti online non influenzano soltanto la nostra vita privata, ma anche quella lavorativa.
La nostra reputazione, infatti, ricade anche sulle organizzazioni di cui facciamo parte, incluse le aziende in cui lavoriamo. Contenuti inappropriati, commenti scortesi e flaming, quindi, potrebbero ledere l’immagine della nostra azienda, direttamente associata ai nostri comportamenti online.
Al di là di ciò, la situazione per il lavoratore si aggrava nel caso in cui gli attacchi pubblicati online siano diretti all’azienda stessa. Un limite che, se superato, comporta rischi per la sicurezza lavorativa del dipendente.

Come si sta muovendo la giurisprudenza
Dare spazio a commenti negativi e insulti nei confronti del proprio capo o l’azienda su un social network viene, oramai, considerato un comportamento grave e punibile. Rispetto ad una chat privata, infatti, i social network sono piattaforme accessibili a tutti e, in quanto tali, contribuiscono alla creazione dell’immagine dell’azienda stessa.
In particolare, la distinzione tra chat privata e social sta acquisendo una rilevanza crescente agli occhi della giurisprudenza. Quest’ultima, infatti, è sempre più spesso chiamata a valutare la rilevanza disciplinare dell’uso dei social e a decidere la legittimità di licenziamenti inflitti a seguito di comportamenti online considerati lesivi delle aziende.
Le conseguenze per il lavoratore
Facendo riferimento alla sentenza del Tribunale di Firenze del 16 ottobre 2019, la giurisprudenza sta distinguendo i casi in base alla platea che riceve eventuali messaggi offensivi. La rilevanza disciplinare dei messaggi, infatti, varia in base alla piattaforma di pubblicazione:
Profili social: queste piattaforme risultano aperte a tutti e, perciò, la condivisione inappropriata di contenuti relativi all’azienda viene considerata di gravità maggiore. Per questo motivo, l’eventuale contenuto offensivo del messaggio ricade sul piano disciplinare e, quindi, può essere contestato al lavoratore e usato come motivo di licenziamento, nel caso in cui siamo presenti gli elementi di gravità richiesti dalla legge;
Chat private: queste piattaforme sono chiuse e filtrate rispetto ad un numero limitato di utenti. In questo caso, la giurisprudenza equipara i messaggi inviati in chat o pubblicati sul profilo ad accesso limitato alle forme di corrispondenza privata. Queste, in quanto tali, sono oggetto di tutela costituzionale e non possono essere usate per licenziare o sanzionare un dipendente.
L’importanza di costruire una buona reputazione digitale
Alla luce della crescente rilevanza del tema, appare sempre più evidente la necessità di formare i lavoratori per mantenere un corretto comportamento online. L’obiettivo per le aziende è di difendere la propria immagine e reputazione, riducendo in rischio di licenziamenti legati a comportamenti lesivi di questo tipo.
—
Unveil Consulting si occupa di digital transformation e di reputazione digitale, accompagnando aziende e lavoratori nella scoperta dei corretti comportamenti da tenere online.
Contattaci per maggiori informazioni!